Nei primi giorni di settembre la costa occidentale degli Stati Uniti è stata funestata da spaventosi incendi. Lo Stato dell’Oregon, dove la temperatura media annuale è di 8,7 gradi e la piovosità di 904 mm, ha dovuto evacuare mezzo milione di cittadini e contare decine di morti e dispersi. La situazione è così grave che un funzionario dei servizi di emergenza ha detto che “lo Stato dovrebbe prepararsi ad un disastro mortale di massa”.
Pochi giorni dopo, il 15 settembre 2020, in un rapporto del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (Cmcc), sono stati resi noti i dati previsionali relativi agli effetti dei mutamenti del clima nel Sud-Italia, proiettati alla fine di questo secolo. Abbiamo letto dati drammatici: temperature diurne costanti di 40 gradi, nottate mai sotto i 20 gradi, calo delle riserve idriche fino al 40 per cento, pesanti eventi alluvionali alternati a devastanti incendi.
Se il tema dei cambiamenti climatici è poco dibattuto in Italia, in Puglia è semplicemente ignorato, come dimostrano gli slogan (spensieratamente vuoti) della campagna elettorale per le elezioni regionali del 20 settembre 2020. Cinque anni fa l’anidride carbonica presente nell’atmosfera era mediamente di 400 parti per milione (la soglia–pericolo, secondo i climatologi), a maggio 2020, quando molte fonti emissive erano ferme a causa del lockdown, ha fatto registrare un nuovo record: 417 ppm.
La nostra Regione mostra una bassissima capacità di degradare CO2. L’inquinamento del suolo, dell’acqua e dell’aria (attraverso rifiuti, pesticidi, emissioni industriali, centrali a carbone, metano e biomassa, pannelli solari dislocati nei terreni fertili, macchine, navi e aerei alimentati con combustibili fossili, ecc.) e la rarefazione delle piante rigenerative, sono le prime due cause del problema. Vogliamo chiederci perché le regioni della Scandinavia (che hanno pochissimo sole e vasti apparati industriali) sanno affrontare e risolvere le tematiche legate al futuro del Pianeta molto meglio di noi?
Semplice: da un lato non siamo capaci di abbassare le emissioni di diossido di carbonio; dall’altro non ci prendiamo cura della vita delle piante, che ci offrono l’unica strada per eliminare questo veleno. Il processo della fotosintesi, in combinazione con la glomalina (una glicoproteina che vive in simbiosi con i funghi micorrizzici delle radici), favorisce la trasformazione dei gas serra in nutrienti, sempreché la condizione del terreno e le pratiche agricole siano rispettose della natura.
Con l’agricoltura comandata dalla chimica, i suoli della Puglia si sino impoveriti, fino al punto che nel Salento sono stati analizzati terreni contenenti meno microrganismi della sabbia del Sahara. La rarefazione di batteri e funghi insostituibili e la semi-estinzione di animali preziosi come api e lombrichi, causate dall’inquinamento e dall’uso sconsiderato dei pesticidi, hanno impoverito il suolo, indebolito le piante e portato nei nostri piatti alimenti tossici e nocivi.
Una ricerca dell’ARPA Puglia ha analizzato alcuni aspetti di questo processo studiando l’ulivo, una pianta secolare sempreverde, quindi molto esposta agli agenti tossici che avvelenano foglie, frutti, tronchi e – ancor di più – i giganteschi apparati radicali.
In un bellissimo studio sul ruolo del carbonio, Jack Kittredge (Policy Director, NOFA/Massachussets – https://www.nofamass.org/sites/default/files/Soil_Carbon_Restoration_White_Paper-Italian.pdf), ha dimostrato come un ettaro di frumento può assorbire in un anno fino a 9970 chilogrammi di questo elemento (nella forma di diossido di carbonio), combinarlo con l’acqua e trasformarlo in zuccheri.
La Puglia non ha i boschi dell’Oregon o della Svezia, ma vive per fortuna in una immensa foresta naturale che va salvaguardata incentivando gli olivicoltori onesti e colpendo vandali e truffatori. I nostri 60 milioni di ulivi sono in serio pericolo da tempo, mentre tarda a maturare una consapevolezza sociale sull’immenso valore vitale della pianta sacra. La chioma di un albero secolare assorbe più di 200 chili di anidride carbonica all’anno. Un ettaro di uliveto, in solo dodici mesi, degrada da venti a trenta tonnellate di CO2. Senza suoli ricchi di carbonio (almeno 10 – 20 per cento) e di microbiota (non meno di 3.000 Kg/ettaro), gli ulivi perdono la funzione rigenerativa e diventano immunodepressi, incapaci di resistere alle siccità, poco produttivi e condannati a neutralizzare meno gas serra. In questo modo, uomini e animali sono costretti a vivere (e a morire) in un ambiente sempre più inquinato e nemico della vita.
Il batterio della Xylella fastidiosa, la cui aggressività risulta inversamente proporzionale alla vitalità degli ulivi, non potrà essere sconfitto senza suoli sani e rigenerati. Chi propone di intraprendere la strada dei batteri sintetici modificati nei codici genetici, come hanno fatto i ricercatori dello MRC Laboratory of Molecular Biology di Cambridge con l’Escherichia coli, non fa altro che strumentalizzare gli ulivi come cavie in attesa della loro distruzione totale.
Alle multinazionali, che hanno imprigionato e impoverito gli agricoltori dapprima con solfiti e solfati, poi con i pesticidi e gli erbicidi e negli ultimi decenni con i semi e le piante brevettate (in pratica con la distruzione del suolo, della biodiversità e della sovranità alimentare), la Puglia deve opporre le ragioni politiche di uno sviluppo equilibrato, armonioso e rispettoso del territorio e della salute dei suoi cittadini. In sostanza l’esatto contrario di quanto si è fatto nel passato, quando la nostra Regione è stata trasformata in una piattaforma al servizio dei profitti delle aziende chimiche.
Un esempio scandaloso e poco noto di questa realtà è rappresentato dall’uso dello ioduro d’argento. Raffaele Fitto, il primo agosto 2003, nella sua duplice veste di Presidente della Puglia e Commissario per l’Emergenza Ambientale, adottò il cosiddetto “Progetto Pioggia”, basato sull’inseminazione delle nubi con quella sostanza, notoriamente nociva per piante e acque. Per diversi anni un numero imprecisato di aerei ha sorvolato i cieli di Puglia spruzzando ioduro d’argento nei mesi di novembre, dicembre, gennaio, febbraio e marzo (!), come si evince dalla lettura del “Decreto Fitto n. 20 del 17 febbraio 2004, pubblicato su BURP della Regione Puglia n. 22 del 26 febbraio 2004”.
Ovviamente Raffaele Fitto non vuole parlare di inquinamento, ambiente e danni alla salute. Ma il Presidente Emiliano e gli altri candidati alla Presidenza della Regione sono a conoscenza dei guasti provocati dall’inseminazione delle nuvole con lo ioduro d’argento? In secondo luogo, condividono tale pratica o la ritengono sbagliata? Infine, sanno se l’immissione di ioduro d’argento o di sostanze simili in atmosfera continua ancora oggi e condividono la proposta di vietarne l’uso su tutto il territorio della nostra Regione?
I problemi della Puglia non si risolvono con il silenzio, né ricorrendo alle scorciatoie. Sentir dire “chiudiamo l’Ilva” o “abbattiamo gli ulivi” equivale ad affermare che i mali che ci siamo procurati con le nostre mani sono incurabili. Invece non è così, come testimoniano il recentissimo Regolamento Europeo 2020/1201 sulle nuove misure per combattere la Xylella fastidiosa superando la fase degli abbattimenti o la proposta del Ministro Gualtieri (simile a quella avanzata da Michele Emiliano e osteggiata da Carlo Calenda), sulla decarbonizzazione di Taranto e della sua acciaieria. Se due temi decisivi per il futuro della Puglia non sono entrati nel dibattito politico, c’è da chiedersi se siamo in presenza di classi dirigenti distratte o condizionate da lobby e poteri extra-istituzionali.
Gli ulivi monumentali del Salento o l’Ilva sono malati da almeno trent’anni! La cura, finora, quale è stata? Glifosato in un caso e carbone nell’altro.
Mentre il Lussemburgo, che non è un paese ostile alle multinazionali, è capace di decarbonizzare e vietare l’uso del glifosato, da noi ci sono personaggi che vanno in giro affermando che le nanoparticelle di carbone non sono nocive e che l’erbicida della Monsanto-Bayer, ben diluito in acqua, può essere bevuto.
Il destino del Mezzogiorno è troppo crudele: i giovani cervelli sono costretti a lavorare dai nostri competitori in tutto il mondo, mentre gli imbecilli ce li teniamo qui, in compagnia dei loro affari.
Il rapporto inquinato tra multinazionali, scienza e politica è uno dei grandi problemi che la globalizzazione selvaggia ha ingigantito e che l’Italia meridionale sta pagando pesantemente. Ma è un tumore che può essere diagnosticato ed estirpato. La Puglia, che ha conosciuto e conosce esperienze di buon governo insieme ad una società civile attenta e ad un tessuto sociale ancora sano, deve affrontare questo problema, se davvero vuole aprire una stagione dello sviluppo del tutto nuova e immensamente positiva.
PIERO TATEO
Autore del libro “La Puglia degli Ulivi. Dopo la Xylella.”